LE ORIGINI CALCISTICHE DI PINETO

LA SCOPERTA DEL PALLONE DAGLI ORRORI DELLA GUERRA

Il faticoso ma affascinante viaggio per ricercare le origini della Pineto “pallonara” ci riporta al triste scenario dell’ultima guerra mondiale. In quel tempo Pineto vedeva sfilare, sulla spinta degli alleati che risalivano la penisola nell’offensiva antitedesca, tanti soldati di diversa nazionalità. In paese la situazione logistica era la seguente: i tedeschi alla villa ex-Arlini, gil americani sotto la pineta in corrispondenza del quartiere Corfù, gli inglesi alla villa del barone Caccianini, i polacchi alle “Arcatelle” e gil indiani sopra la stazione ferroviaria.

I pochi studenti pinetesi di allora (una ventina in tutto) trascorrevano interi pomeriggi bighellonando e curiosando nei pressi dei presidi militari alla ricerca di qualche rara sigaretta e/o cioccolata. Assistevano, così, alle prime schermaglie calcistiche e si vedevano trasmettere, quelli più giovani, il “bacillo” del pallone, da soldati che giocavano a calcio nelle ore di relax. Ma alcuni di loro, i più anziani, erano stati già contagiati dalla pesante sfera di cuoio (con la stringa nella chiusura) nel periodo fascista, sotto l’era del podestà Don Tito Marucci.

Intorno agli anni ‘34-35 e fino all’entrata dell’Italia in guerra, alcuni giovani pinetesi dell’epoca, Umberto Daidone, Arnaldo ed Elio Ripari, Antonio e Giuseppe Passerini, Giuseppe e Tommaso Savini, Antonio Giannangelo, Umberto Di Febo, Ezio Marinelli, Giovanni Di Tecco, Giuseppe Verrigni, Arduino Di Domenico, Abramo Nocella, disputavano sfide incandescenti sulla sabbia controi i coetanei di Silvi, riponendo poi gil indumenti di gioco che passava il regime in un armadietto che si trovava nella sede del fascio in piazza della Stazione, di fianco al dopolavoro di Felice che, insieme alla cantina di Mariannina e all’Albergo Italia, erano i soli locali di ritrovo del tempo.
Questi giovani sportivi, quando non erano impegnati a tirar calci al pesante pallone a piedi nudi e secondo il modulo di gioco del “metodo” allora imperante, trovavano anche ii tempo di giocare a pallacanestro in un campo che si trovava dietro l’attuale albergo La Pineta, dove una volta era situato ii Consorzio Agrario, all’ombra di maestosi pioppi ora scomparsi.

Sono quelli, indubbiamente, i primi fermenti calcistici di Pineto. Ma i più significativi sono datati nel dopoguerra e sono essi che rappresentano la vera data di nascita del calcio pinetese. Infatti i ricordi del primo periodo sono assai sbiaditi, mentre quelli successivi molto più nitidi e circostanziati.
Racconta, ad esempio, il giovanissimo nonno Ferdinando Di Febo: “Ricordo che, nel 1945, ci fu una partita di calcio a piedi nudi tra soldati indiani, nel piazzale della stazione, su di un terreno ghiaioso con noi ragazzi spettatori entusiasti ed affascinati”.
Aggiunge Camillo Di Gregorio, una vita con il calcio pinetese: “Vedemmo per la prima volta i Polacchi giocare a calcio con la sfera di cuoio in pineta. In noi ragazzi, abituati alle misere palle di pezza, si accese un gran desiderio di pallone e chissà cosa avremmo dato per possederne uno tutto nostro”.
E subito Sabatino Assogna, grande “latin lover” dal piglio perennemente sportivo, precisa: “Acquistammo uno dei primi palloni a Pescara con una sofferta colletta di sette/otto amici che, poi, litigavano sempre per chi dovesse custodirlo. Prevaleva spesso l’amico Peppe Nocella ma, purtroppo, per l’uso continuo, il pallone durò solo pochi giorni”.
E così, sulle orme dei Polacchi, che giocavano all’ombra dei pini e per dimenticare più in fretta la guerra, tutti i pomeriggi la gioventù studentesca si ritrovava in pineta, disputando partite fino al calar del sole.
La maggior parte di loro (Assogna, Brocco, Catucci, Cerolini, De Gabrielis, Di Febo, Marinelli, Marucci, Nocella, Rapini, Sacchini, Sfredda, ecc.) studiava a Pescara respirando, quindi, l’aria calcistica della città che, nel dopoguerra, disputava campionati di serie B al campo Rampigna.
Enorme influenza su questi giovani ebbe l’ungherese Banas, allenatore del Pescara dal 1946 al 1948, che abitava a Pineto, in Via Verona, vicino all’albergo Italia. Ovviamente i nostri giovani calciatori “amatoriali” orbitavano intorno a lui. Si racconta di Amedeo Colleluori che sognava sempre una possibile chiamata del maestro e che si recava spesso al Rampigna, in bicicletta, per assistere agli allenamenti diretti da Banas.

Il genio calcistico di quei tempi era Sabatino Assogna, una mezzala sinistra assai tecnica, il primo pinetese a giocare in formazioni di un certo livello (Portici, Lecce, Novara, Chieti). Fu anche chiamato a Pescara (serie B) per un provino di 3 giorni dall’allenatore Mario Pizziolo, un pescarese della famosa “strapaesana” e che conquistò a Roma, nel 1934, ii titolo di campione del Mondo di calcio. Non andò bene e i suoi amici ne motivano l’esito negativo per colpa di un’avventura galante assai intensa. Ma la sua promettente carriera s’interruppe per l’emigrazione in Venezuela nel 1950, insieme a De Gabrielis, Di Febo e Nocella, raggiunti più tardi anche da Cerolini. Anche in quella terra lontana giocò al calcio con il Deportivo Italia e il Deportivo Espanol di Caracas e pare aiutasse gli amici con i proventi calcistici.

Una delle primissime formazioni amatoriali, secondo il ricordo del “lungo” centravanti Giovanni Sacchini (con un ginocchio difettoso), fu la seguente: Giovanni Giannangelo, Giuseppe Nocella, Dante De Adducis, Emidio Sfredda, Dante De Gabrielis, Alberigo Giannangelo, Amedeo Colleluori, Ferdinando Di Febo, Giovanni Sacchini, Sabatino Assogna, Antonio Rapini. Venivano utilizzati anche Antonio Di Febo, Federico Catucci, Gianfranco Marucci, Rodolfo Coletti, Dante Marinelli, ecc.
“Per dare una maggiore consistenza tecnica alla squadra, – racconta Sacchini, – attingevamo a Pescara, dove c’erano molti amici nostri e compagni di scuola. Ricordo che venivano spesso il centromediano Tritapepe ed ii famoso portiere Pivi”.
Questi autentici pionieri del calcio il sabato pomeriggio e la domenica giocavano sempre in trasferta e si ricordano sfide memorabili con Montorio, Roseto, Notaresco e Silvi, che anni dopo, con la costruzione del campo sportivo, sarebbero tornati a giocare a Pineto.

(testo amichevolmente concesso da Enrico Romanelli)